Il tema dell’inquinamento marino, purtroppo, è molto sottovalutato dai mezzi di comunicazione, come dimostra il fatto che sono rare le volte in cui se ne parla. Le riserve acquifere vanno incontro ad un avvelenamento progressivo, dipendente da una miriade di cause, dai disastri petroliferi agli scarichi chimici delle fabbriche, senza dimenticare gli sversamenti volontari effettuati nelle ore notturne dalle navi mercantili e i rifiuti marini che per il 95% sono costituiti da materiali plastici. Risultato? Coste, superfici, spiagge e fondali risultano inquinati e le micro fibre, che sfuggono ai sistemi di filtraggio, vengono ingerite dagli esseri viventi. Tutto questo finisce inevitabilmente per avere impatti negativi sull’intero ecosistema.

Cosa si può fare per evitare il problema dell’inquinamento del mare?

Per capire come evitare il problema dell’inquinamento del mare dobbiamo capire bene cosa sono le bonifiche ambientali,le quali non riguardano solo l’inquinamento marino. Le bonifiche ambientali costituiscono il primo passo per risolvere il problema. Bonificare l’acqua contaminata del mare consente di sanare uno stato di avvelenamento dei fondali, rimuovendo, ed in seguito smaltendo, tutte quelle sostanze inquinanti, spesso galleggianti tra cui vi sono morchie oleose, mercurio, melme acide, idrocarburi vari, scorie di fonderia, piombo e fanghi. Questi veleni vanno rimossi non solo dalle acque marine, ma anche all’interno dei sedimenti di tutte le aree direttamente coinvolte. Spesso, infatti, si trovano tracce inquinanti che superano di milioni di volte i limiti sanciti dalla legge. In questi casi, quadro della contaminazione ambientale risulta strettamente dipendente alla presenza di attività industriali sul sito che si sono susseguite nel lungo periodo.

 

Bonifiche da idrocarburi

Le metodologie più comuni per contrastare il problema della contaminazione da prodotti petroliferi sono le seguenti:

  • Panne di contenimento: barriere galleggianti, la cui azione blocca l’espansione degli idrocarburi sulla superficie marina;
  • skimmers: dispositivi in genere a stramazzo, in grado di convogliare gli idrocarburi galleggianti in un serbatoio mediante l’ausilio di apposite pompe. Tocca al serbatoio fungere da separatore. La massa di acqua e di idrocarburi, una volta stratificatosi al di sotto, viene fatta uscire grazie ad un rubinetto;
  • Prodotti ad azione assorbente: sono di due tipologie. La prima tipologia comprende sono sostanze di origine vegetale, animale, minerale o sintetica, mentre la seconda sono prevalentemente naturali. Entrambe svolgono un’azione assorbente sugli idrocarburi. I prodotti non inerti, dato che sono insolubili in acqua e possono interagire con la fauna marina, vanno analizzati a fondo prima del loro utilizzo, per valutarne l’impatto e il grado di tossicità;
  • Prodotti ad azione disperdente: sono sostanze chimiche che velocizzano i processi di degradazione naturale, agevolando la disgregazione dello strato di idrocarburi all’interno della colonna d’acqua.

Infine, un metodo particolarmente innovativo per bonificare il mare consiste nel ricorso al biorimedio assistito. All’interno del sottosuolo marino viene una sorta di materiale naturale a mo’ di additivo con l’intento di rigenerare il fondale.

Gli addetti ai lavori scelgono sempre la soluzione più consona, volta a ridurre al minimo le conseguenze negative sull’ambiente, ancor prima di dover ricorrere a bonifiche ambientali

 

In definitiva …

Le bonifiche ambientali sono di sicuro la risposta giusta per risolvere il problema alla radice, ma da sole non bastano. Urge forse rendere più severe le normative e le leggi, oltre che aumentare le sanzioni per chi inquina il mare. Dal 29 maggio 2015 è in vigore l’articolo 452-bis del codice penale: le sanzioni per il reato di inquinamento ambientale corrispondono alla reclusione per un periodo compreso tra i 2 e i 6 anni e ad una multa variabile da 10.000 a 100.000 euro. A fronte di reati plurimi che hanno per protagoniste negative più persone sono previste ulteriori aggravanti per un limite massimo di 20 anni di reclusione. Capitolo a parte lo meritano i disastri ambientali, quelli per cui l’equilibrio dell’ecosistema va incontro ad un’alterazione irreversibile: in questi casi, la pena prevista va ai 5 ai 15 anni. In questi casi, se il disastro ambientale è commesso in aree protetti vi sono ulteriori aggravanti.

Tocca alle scuole e ai mezzi di comunicazione aumentare la sensibilità sul tema delle regole di rispetto per il mare.